Il Monte Godi nella solitudine di una grigia giornata invernale

Monte Godi è un mammellone senza carattere posto nel cuore dei monti Marsicani, forse per alcuni una piramide di sassi priva di alcun significato alpinistico. In effetti sotto il profilo tecnico e sotto il profilo atletico questa montagna non rappresenta certo una grande attrattiva, non fosse altro che per la sua posizione strategica al centro di un bel gruppo di montagne. Il complesso montuoso di cui fa parte, in effetti è complesso ed articolato. Caratterizzato da valli, valloncelli e piccoli altipiani. L'accesso al Passo Godi può avvenire sia da Scanno che da Villetta Barrea e risulta abbastanza semplice anche se un po' lungo per gli escursionisti che provengono da Roma. La strategia per questa settimana è articolata in tre opzioni. La prima opzione realizzabile solo se ci fosse tempo soleggiato e stabile. La seconda opzione realizzabile anche con tempo variabile poco nuvoloso ed in fine la terza opzione realizzabile anche con visibilità ridotta, pioggia, neve e nubi fitte. Monte Godi rientra nella terza opzione, conosciamo la zona e saremmo in grado di salirvi anche con nubi fitte o tempeste di neve. Le previsioni meteo annunciano tempo coperto, freddo con venti provenienti da nord. Delle tre opzioni siamo costretti a scegliere la salita a Monte Godi. La voglia di montagna è smodata, Alessandro ed Elena si sono organizzati per tenersi liberi il sabato ed uscire in configurazione per così dire... ehm... “Aria Sottile”. Io sono contentissimo perché era un po' di tempo che non uscivo con loro. Siamo già stati in zona e lo stesso Doriano è salito a Monte Godi già una volta poche settimane orsono. Inizialmente Doriano rifugge l'idea di una giornata di montagna con delle previsioni così negative. Io sono determinato e decido di uscire comunque perché credo, ormai che anche una camminata nella più cupa bufera mi possa insegnare molto. Negli ultimi tempi cerco molto il confronto, cerco sempre più situazioni estreme. Questo atteggiamento, non del tutto nuovo per quanto mi riguarda si sta sempre più rafforzando e nonostante le numerose riflessioni non so ancora dove mi porterà. Spiego ad Alessandro ed Elena la situazione e decidono di tentare comunque l'escursione. Doriano preso da un irrefrenabile desiderio di montagna non resiste e dopo qualche ora mi chiama confermando che anche lui sarebbe stato presente. Sono felicissimo perché la sua presenza è per me fonte di grande impulso. Nessuna alzataccia notturna, si parte tardi per trovarci a Passo Godi alle 9.00 di mattina. Da qui ci attendono circa quattro ore di marcia. La neve a quota 1500 è marcia. Quando si calpesta si sente il sciacquettio dell'acqua. Le nuvole coprono tutto, appena riusciamo ad intuire qualche cresta, ma le vette sono tutte coperte da un manto grigio e cupo di nuvole minacciose. Seguiamo i segni della strada sterrata che conduce fino all'altezza dello Stazzo dello Zio Mas. Qui la valle è ampia ma protetta da tutti i lati dalle montagne circostanti, la visibilità è buona. Subito dopo lo Stazzo dello Zio Mas la sterrata sale per poche decine di metri fino ad un bivio che seguiamo sulla sinistra. Il sentiero che conduce al Ferroio di Scanno, gira intorno alla larga base del Monte Godi. Ancora un piccola deviazione sulle sinistra ci conduce sullo spezzone di sentiero il quale risale per un breve tratto in direzione di una ampia cresta rocciosa. La cresta conduce direttamente fino in vetta senza possibilità alcuna di perdere l'orientamento. Le nuvole cominciano a farsi minacciose ma non c'è nulla che mi può fermare soprattutto perché mi rendo conto delle mie forze, l'allenamento in palestra e le uscite in falesia hanno temprato il mio fisico come non ero mai stato prima. Alessandro ed Elena seguono fiduciosi il passo di Doriano, io sono dietro e mi soffermo a fotografare gli alberi pieni di neve. Tengo volutamente un passo lento anche per godermi l'aria gelida, i profumi della montagna, gli odori del bosco. Ed infatti, risalendo la cresta entriamo in un bosco rado, si tratta di un passaggio non più lungo di 300 metri. Usciti dal bosco, la nebbia è fittissima. Soffia un vento ghiacciato e umido. Elena ed Alessandro soffrono un poco il freddo ma stoici vanno avanti fino in vetta. Doriano è salito senza neppure mettersi un berretto. Ha una tempra, una resistenza al freddo che non capisco neppure come faccia. Il suo viso è segnato dalla fatica ma la sua volontà supera di gran lunga le aspettative. L'ultimo tratto fuori dal bosco si snoda lungo la cresta fra le roccette affioranti dalla neve. E' una fatica doppia, si deve mantenere l'equilibrio sulle pietre instabili ed il manto nevoso umido e scivoloso. Alessandro ed Elena sentono il profumo della vetta e mi precedono con passo più sicuro. Doriano è in ginocchio, fermo davanti all'omino di vetta, sembra pregare, lo osservo … sembra carico di un fardello incommensurabile. Il vento freddo lo attanaglia con sferzate senza tregua. In vetta rimaniamo il tempo minimo indispensabile per farci due foto e scappare via per lo stesso sentiero dell'andata. Elena ha qualche difficoltà a scendere. La neve bagnata e fradicia le da continuamente la sensazione di cadere. Le suggerisco la tecnica di scendere caricando tutto il peso del corpo nei talloni e mantenendo il più possibile la posizione eretta. Questo sembra aiutarla. Riusciamo a procedere più spediti. Quando riusciamo dal bosco la discesa di fa più complicata, la neve scarseggia e bisogna lottare fra i sassi misti ad altra neve scivolosa. Arriviamo in valle e la nebbia non si decide a diradarsi. Ci seguirà per il resto della giornata. L'ultimo tratto lo percorriamo al “tambur battente” presi da una fame irrefrenabile ed il desiderio di sederci al caldo di un camino acceso. Alla macchina ci cambiamo rapidamente e ci lanciamo alla volta del Rifugio Lo Scoiattolo. Un piatto di polenta con salsicce e ci sentiamo già meglio, godiamo della convivialità come da tempo non avevamo fatto. Una breve giornata di montagna che ci ha regalato sensazioni semplici, aria fresca e ottima amicizia.